Auto aziendale o rimborso chilometrico? Ecco cosa conviene
Giulio Orzieri 1 Luglio 2016

Sono molti i lavoratori che, ogni giorno, si spostano – anche per trasferte fuori sede – con un’auto aziendale il cui uso, può essere concesso sia per utilizzo esclusivo aziendale – quando cioè l’automezzo aziendale si può utilizzare solo durante le ore di lavoro – sia per uso promiscuo, quando l’auto aziendale può essere usata anche al di fuori dell’orario di lavoro.

Questo tipo di concessione da parte delle aziende però, dopo il 2013, anno in cui è stata data una stretta alle agevolazioni fiscali, con l’abbattimento, dal 40 al 27,5 per cento delle detrazioni, oggi viene riconsiderata, facendo prendere in esame dalle aziende, altri tipi di soluzioni.

Innanzitutto, proprio a causa delle minori detrazioni fiscali, ma anche a causa di alcune problematiche legate all’uso personale, negli ultimi tempi sono molte le aziende che decidono di intestare nominalmente le vetture aziendali agli amministratori, qualora si tratti di società di capitali, o ai soci accomandatari, nelle altre tipologie societarie come le Società in Accomandita Semplice o le Società in Nome Collettivo.

Altra possibilità, è quella del rimborso spese forfettario o chilometrico calcolato per la vettura intestata al lavoratore che la utilizza per fini lavorativi.

Perché questo tipo di scelta? Perché se le vetture sono intestate direttamente alle persone, queste possono poi chiedere all’azienda, il corrispettivo relativo al rimborso chilometrico o forfettario, che rende poi possibile la totale detrazione di IRPEF o IRES. Oltre ciò, con questo escamotages, si rende possibile anche la non tassabilità del rimborso, producendo così un ulteriore risparmio fiscale.

L’Agenzia delle Entrate, ha anche chiarito cosa si intende per “costo di percorrenza deducibile” e l’ha fatto attraverso la risoluzione del 6 Maggio 2011, prot. 954-59477-2011. Ecco il testo: «per costo di percorrenza deducibile quale indennità chilometrica rimborsata ai dipendenti o ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa debba intendersi il costo complessivo di esercizio in Euro al Km calcolato dall’A.C.I., comprensivo della quota relativa al costo non proporzionale al chilometraggio».

Nel caso in cui si preveda il rimborso chilometrico calcolato sulla vettura privata del dipendente, è necessario – come da normativa vigente – e dopo aver ottenuto l’autorizzazione all’uso della vettura privata per ragioni lavorative, compilare l’apposita scheda su cui vanno riportati sistematicamente alcuni dati quali: tipo di automezzo, costo chilometrico (si determina attraverso le tabelle ACI), chilometri percorsi.

Attenzione però: in questo caso, qualora gli spostamenti in auto avvengano all’interno del territorio comunale, ecco che i rimborsi chilometrici si sommano al reddito imponibile del lavoratore, e ciò sia per quanto riguarda i calcoli tributari che quelli contributivi, facendo levitare i calcoli fiscali mensili.

Se invece si concede al lavoratore l’uso di un’auto aziendale, esistono due opzioni diverse: la prima, è quella dell’uso esclusivo del mezzo, la seconda, l’uso promiscuo, come spiegato precedentemente.

Prendendo in considerazione l’utilizzo esclusivo della vettura aziendale, il “reddito” derivante dal rimborso non viene calcolato ai fini reddituali. Qualora l’automezzo aziendale venga concesso in uso anche a fini privati, ecco che scatta quello che viene denominato “Reddito in natura”. In pratica, la concessione dell’uso della vettura, anche al di fuori dell’orario di lavoro, diventa parte del reddito, causando – di conseguenza – alcune variabili fiscali.

Esaminando infatti il TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi – all’art. 51, comma 4, lettera A, si apprende come il benefit aziendale, venga calcolato – per una percentuale pari al 30% – su una percorrenza annua di 15.000 chilometri, e basandosi sulle tabelle fornite dall’ACI.

Se da un lato la tassazione applicata al dipendente sembra aumentare, a tutti gli effetti si determina un’agevolazione fiscale, dal momento che, all’azienda, è data facoltà di dedurre un’aliquota maggiore, ma solo nei casi in cui la vettura aziendale sia concessa in uso promiscuo per la quasi totalità dell’anno.

Alla luce di tutto quanto descritto, si deduce che, l’auto aziendale conviene meno – ai fini fiscali – sia al lavoratore che all’azienda, motivo per cui, sempre più spesso, si preferisce o intestare le flotte aziendali ai soci o agli amministratori delle società oppure, concedere i rimborsi ai dipendenti che utilizzino la propria vettura.

Giulio Orzieri

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