Ogni tanto capita che qualche notizia eclatante rimbalzi sui media e semini un po’ di terrore, anche se l’allarme poi rientra. O viene messo a tacere. Come quando a ottobre del 2012 arrivò la sentenza storica della Cassazione che confermò la relazione diretta tra l’uso prolungato del cellulare ed il tumore alla testa da cui l’ex imprenditore Innocente Marcolini era affetto. L’effetto panico durò qualche mese; poi finì tutto.
Ma a tutti sarà capitato di sentir dire che l’esposizione alle radiazioni di microonde di basso livello, ovvero le onde elettromagnetiche dei cellulari e delle connessioni WiFi, è molto dannosa per la salute dell’essere umano, una vera condanna per le nuove generazioni, che degli smartphone sono schiave.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato i rischi che quotidianamente si corrono e ha ipotizzato la stretta connessione che sembrerebbe sussistere tra onde elettromagnetiche ed insorgenza di tumori, malformazioni e danni cerebrali in un documento di 350 pagine noto con il nome di Internationl Research Agreement no 05-609-04. Documento che non è stato divulgato ma, anzi, è stato repentinamente dichiarato Top Secret e messo chissà dove.
La difesa a sostegno di quello che sembra un reale insabbiamento per tutelare gli interessi a tanti, tantissimi, zeri che circolano intorno al Mondo 2.0 è che tutto ciò che si paventa è solo un’ipotesi e, ad oggi, nonostante le indagini di laboratorio effettuate non è stata dimostrata una pericolosità effettiva. Toccherà aspettare qualche decennio per contare i malati ed i morti degli appartenenti a quella che oggi è la nuova generazione e che vive completamente in ostaggio delle onde elettromagnetiche e sperare che non siano così tanti come qualcuno fa intendere che potrebbero essere.
Mentre si aspetta, però, si potrebbe cominciare ad agire con prudenza e a prendere qualche precauzione.
Si parte da un acronimo: SAR, ovvero Specific Absorption Rate, che si può tradurre con Tasso di Assorbimento Specifico. Si tratta della quantità di radiazioni che vengono assorbite nell’unità di tempo da un sistema biologico quando entra nel campo elettromagnetico. Il SAR si misura in W/Kg (Watt su chilogrammo) ed, ovviamente, più è alto e più è potenzialmente dannoso per la salute del “sistema biologico” in oggetto, ovverosia l’essere umano. È stato, dunque, stabilito un limite del valore del SAR sotto il quale devono stare i produttori di dispositivi elettronici e di smartphone: 1,6 W/Kg negli Stati Uniti e 2,0 W/Kg in Europa ed ogni dispositivo viene rigorosamente controllato affinché rispetti questi limiti.
E fin qui tutto bene. La sintesi di quanto detto finora è la seguente: il cellulare fa, molto probabilmente, malissimo e, quindi, deve essere prodotto secondo dei criteri di sicurezza che, molto probabilmente, sono sufficienti per tutelare la salute del consumatore. Intanto è meglio fare attenzione che non si sa mai.
Non resta che prendere per vero il rischio che viene ipotizzato, insabbiato e misurato e comportarsi con quella necessaria intelligente prudenza, visto che la posta in gioco è la salute dell’essere umano.
E se, quindi, è vero che lo smartphone fa male, è altrettanto vero che utilizzarlo in auto fa ancora peggio. Infatti la quantità di radiazioni assorbite aumenta perché l’abitacolo dell’automobile fa un effetto “gabbia” metallica che le contiene e le amplifica. Inoltre bisogna aggiungere che quando si viaggia, e si è quindi in movimento, il telefono ricerca continuamente i ripetitori a cui agganciarsi ed emana radiazioni elettromagnetiche anche quando è in stand by. La regola principale è, quindi, di tenere il telefono il più lontano possibile dal corpo per evitare di entrare in contatto con le microonde: via libera, quindi, ad auricolari o, meglio ancora, al vivavoce. Si raccomanda di non tenere l’apparecchio tra le gambe, in tasca o comunque a con parti delicate del corpo, come testa, cuore e genitali.
Per le ragioni descritte al paragrafo precedente si può affermare che quando ci si trova in auto il telefono ha bisogno di una maggior potenza per poter funzionare, anche quando è in stand by, ed emette, dunque, più radiazioni di quando ci si trova all’aperto.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: cosa fanno le case automobilistiche per risolvere questo problema?
Poco e niente, purtroppo. Le aziende produttrici di automobili, sempre così attente alle esigenze dei potenziali acquirenti, sempre così all’avanguardia e pronte a proporre imperdibili innovazioni, sempre così creative nell’inventarsi nuovi accessori da mettere in lista, non fanno niente di veramente significativo, come potrebbe essere, ad esempio, rendere disponibile di serie il vivavoce integrato, o renderlo comunque disponibile a prezzi concorrenziali attraverso una campagna pubblicitaria imponente e sostenuta, non solo perché il Codice della Strada sancisce che “è vietato al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici”, ma soprattutto per incentivare l’interesse e la tutela della salute dell’umanità intera.
Anche se è solo un’ipotesi.