Si chiama Internet of Things, conosciuto ai più con l’acronimo IoT, anche se questi più non sanno, molto probabilmente, con precisione di cosa si tratti. La facile traducibilità dell’espressione ci aiuta a capire che questa mistero ha a che fare con la Rete e con ciò che può offrire. Ed in effetti, la IoT è quell’insieme di tecnologie che permette di trasferire l’intelligenza agli oggetti, ovvero di metterli in connessione fra di loro permettendo l’interazione e la circolazione delle informazioni al di là dei luoghi in cui questi oggetti si trovano.
Un “oggetto” connesso ha una potenzialità eccezionale e noi non ci rendiamo conto di quanto straordinaria sia. In effetti oggi l’interattività viene sfruttata per monitorare e controllare ciò che viene condiviso, ma ciò che ci sfugge è che può anche essere comandato a distanza senza dover utilizzare tecnologie alla Star Wars. Qualche esempio? Il forno che si accende mentre voi siete ancora fuori casa, la scarpa da runner che vi comunica a che velocità state correndo, il vaso di fiori che lancia un help e vi rammenta che è arrivato il momento di annaffiare, gli incroci smart che rallentano la vostra auto alla velocità necessaria affinché gli stessi possano essere da voi attraversati senza che andiate a scontrarvi con altre vetture, evitandovi la tanto poco tecnologica coda delle 18.00, ora fatidica in cui tutte le macchine italiane sono davanti alla vostra e non si spostano neanche di un millimetro.
L’avreste mai detto?
“Revisiting street intersections using slot-based systems” è, infatti, il nome di uno studio italo-elvetico-statunitense partorito da Mit (Massachusetts Istitute of Technology), Iit-Cnr (Istituto di informatica e telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa) ed il Politecnico federale di Zurigo, uno dei più importanti centri di ricerca del mondo, secondo i risultati del quale tra qualche anno gli incroci smart, ovvero intelligenti, potranno permettere al doppio del traffico di scorrere sulle stesse strade su sui circoliamo oggi.
Per rendere concreta la progettazione degli incroci smart siamo già dotati delle tecnologie di comunicazione necessarie, ovvero le V2V (vehicle-to-vehicle) e le V2X (vehicle-to-infrastructure) già presenti su qualche autovettura di ultima generazione, per ora utilizzate per mantenere la distanza di sicurezza o per attivare la frenata automatica in caso di pericolo, per fare qualche esempio.
In pratica il team di ricercatori, ispirandosi allo stesso sistema che controlla gli spostamenti degli aerei, ne ha sviluppato uno similare che, attraverso i sistemi di comunicazione di cui sopra, “garantisce ad ogni veicolo uno ‘slot’, ossia uno ‘spazio temporale’ personalizzato per impegnare lo ‘spazio fisico’, eliminando in questo modo la necessità di fermarsi imposta dai semafori” ha spiegato Carlo Ratti, membro del Mit e ricercatore del Iit-Cnr, “le nostre analisi,” ha proseguito Ratti “mostrano per la prima volta scientificamente che, con i volumi di traffico attuale, le file scomparirebbero ed i ritardi nel raggiungere la destinazione sarebbero quasi nulli”.
La velocità delle auto viene, dunque, controllata dai sistemi informatici in connessione fra di loro sulla base di complicati calcoli algoritmici effettuati dagli stessi sistemi, in modo che l’autovettura in questione si ritrovi ad impegnare l’incrocio nell’esatto ‘slot’ che le è stato assegnato in fase di elaborazione.
Niente più semafori, quindi e niente più code, ma sbalorditi automobilisti impotenti, con il piede su un acceleratore che non ubbidisce, in un’autovettura che si va ad incastrare come un pezzo di un puzzle in un incrocio di macchine controllate da algoritmi.
I risultati dello studio che è stato realizzato, assicurano gli scienziati, dimostrano che il nuovo sistema raddoppia il numero di veicoli che l’incrocio, attualmente regolato dai semafori, può gestire, senza che si creino code, alla faccia della cultura green ormai dilagante ed in barba al buco nell’ozono.
Certo la notizia ha sapore di straordinario, anche se dal Mit arriva un accenno di cautela, in quanto Carlo Ratti ci tiene a sottolineare che, per ora, il sistema funziona a livello teorico ed ammette che la progettazione degli incroci smart prevede tempi “non immediati”.
Altrettanto certo è, però, che lo stesso Marchionne ha firmato in questi giorni un accordo con Google stesso che prevede l’installazione del sistema di guida autonoma sviluppato dal pachidermico Big G su, per ora, 100 modelli della nuova minivan Chrysler Pacifica Hybrid 2017, con l’obiettivo di contribuire all’innovazione tecnologica nell’industria dell’Automobile.
Quindi qualcosa si muove e, seppur non nell’immediato, non è così fantascientifico figurarci tra qualche anno al volante dell’auto che attraversiamo con eleganza millimetrica gli incroci intelligenti.
Nella speranza che gli incroci smart, oltre che intelligenti, siano anche infallibili.