Nuovi problemi in vista per il SICVe, più comunemente conosciuto come Safety Tutor, che non ha mai avuto vita facile fin dal suo battesimo, avvenuto nel lontano 2004.
Stavolta, però, la faccenda sembra più seria, perché se fino ad adesso le contestazioni erano avvenute sull’ipotesi di eventuali vizi di accertamento o nella notificazione della multa che veniva elevata grazie, o per colpa, del Tutor, dall‘8 febbraio ad essere messa in discussione è proprio la legittimità dello strumento stesso, in quanto la società titolare della gestione dei dati raccolti non avrebbe titolo di poterli detenere. In pratica è stato sancito che il Tutor è fuorilegge.
Ma partiamo dall’inizio.
Cos’è il SICVe? Acronimo di Sistema Informativo per il Controllo della Velocità è un sistema, appunto, ideato per rilevare la velocità media di un veicolo su un tratto autostradale di lunghezza compresa tra 10 e 25 chilometri, al fine di controllare che nel tratto posto sotto controllo non si sia superata la velocità massima concessa. Praticamente ci sono due “portali”, uno d’ingresso e uno d’uscita, collegati a dei sensori posti sotto l’asfalto e a delle telecamere posizionate sui portali stessi. Nel momento in cui il veicolo passa sui sensori si attivano le telecamere che registrano targa, data e ora del passaggio. I dati “d’ingresso” e quelli “d’uscita” vengono poi confrontati e viene calcolata la velocità media a cui quel veicolo ha percorso quel tratto di strada. Se questa supera quella consentita, in rapporto a tipo di strada e tipologia del veicolo, scatta automaticamente la segnalazione che permette alla Polizia Stradale di accertare la violazione.
Come abbiamo già accennato all’inizio, però, la guerra tra automobilisti e Tutor si è accesa fin da subito e non ha mai visto periodi di tregua, in quanto si è sempre cercato di dimostrare che le multe dei Tutor sono fuorilegge, contestando, nella sostanza, ipotetici vizi di accertamento dell’infrazione.
Il fatto, ad esempio, che il SICVe accerti la velocità media tenuta dal veicolo nel tratto di strada posto sotto controllo non permette, però, di stabilire con certezza in quale punto esatto sia avvenuta l’infrazione e, dunque, si pone, o si potrebbe porre, il condizionale è, ahimè, d’obbligo, un problema di competenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria davanti alla quale proporre l’eventuale ricorso, essendo i tratti di strada in questione quasi sempre in più Comuni.
O, ancora, oggetto di contestazione potrebbe essere che sul tratto compreso tra i due portali siano presenti aree di sosta, parcheggi o uscite perché, se così fosse, si potrebbe configurare “l’illegittimità costituzionale del sistema per violazione del principio di discriminazione”, ovvero, per dirla più semplice, se su una tratta controllata vi è un’area di sosta, questa diventa una discriminante in quanto permette ad un ipotetico automobilista di non prendere la multa perché fermandosi 10 minuti a prendere un caffè alza il tempo che impiega a percorrere il tratto ed abbassa, quindi, la velocità media. Ciò fa sì che il metro di valutazione in quel tratto di strada sia da considerarsi illegittimo in quanto potenzialmente non applicabile in ugual misura a tutti i driver che percorrono quel tratto.
E potremmo andare avanti con altri esempi, tutti apparentemente calzanti, tutti sul filo del bilico di fronte al quale in Giurisprudenza spesso ci si trova, tra cavilli ed interpretazioni alla perpetua ricerca di un metro oggettivo che spesso, troppo spesso, ci sfugge.
Questa è la storia di questi anni, fatta di ricorsi e di sentenze che non hanno segnato una storia univoca ma che si sono rimessi sempre al buonsenso e alla capacità interpretativa del Giudice chiamato a decidere.
Ma quello che è successo l’8 febbraio scorso ha un sapore diverso: un Giudice di Pace di Terni ha sancito, senza mezzi termini, che il Tutor è fuorilegge e che, dunque, anche le multe dei Tutor sono fuorilegge, annullando un verbale di violazione dei limiti di velocità perché l’attuale soggetto giuridico preposto all’omologazione e all’autorizzazione dei dispositivi atti a controllare automaticamente le violazioni non avrebbe titolo di poterlo fare. Nel 2010, infatti, Autostrade per l’Italia, società originaria che aveva sviluppato il SICVe e ne aveva chiesto l’approvazione, manda una nota ufficiale al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la quale comunica che Autostrade Tech, spin off tecnologico di Autostrade per l’Italia nato l’anno prima, subentra a quest’ultima in toto e in tutto ciò che concerne anche la gestione dei SICVe. A breve giro di posta il MIT decreta che è tutto ok.
Peccato che il Giudice di Pace di Terni non sia d’accordo e sostenga che il MIT non avesse titolo di dare la sua autorizzazione in quanto contrastante con il comma 5 dell’art. 192 del CdS che stabilisce che “l’approvazione e l’omologazione di prototipi dei dispositivi per l’accertamento automatico delle violazioni è valida solo per il soggetto che ha inoltrato la domanda di approvazione originaria e non è trasmissibile a soggetti diversi”. Ovvero Autostrade Tech non ha titolo per gestire i SICVe perché l’unica società che può farlo è Autostrade per l’Italia. Poco importa che siano, o possano essere, la stessa cosa. E poco importa anche che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avesse a suo tempo approvato.
Ovviamente la Polizia Stradale sostiene che il problema non sussiste perché non vi è stato nessun trasferimento a “soggetti diversi”, essendo le due società una facente parte dell’altra.
Paradossale. Tutti persi nei meandri di una Giustizia talmente interpretabile che il torto e la ragione diventano delle variabili impazzite, laddove si auspicherebbero, invece, oggettive e certe.
Comunque sia, se una certezza c’è è che con la sentenza dell’8 febbraio si è sancito che i Tutor sono fuorilegge. Almeno per ora. Ed il rischio che si spalanca è che tutti i verbali non ancora notificati possano essere considerati illegittimi e quelli non ancora pagati possano essere impugnati, con ottime probabilità di essere annullati.
Tutto in nome di Madame Giustizia.