Il Maggiolino d’epoca: settant’anni fa nasceva la Volkswagen Beetle
Giulio Orzieri 18 Gennaio 2016

Ha compiuto da poco settant’anni, anche se non li dimostra per niente.

I documenti storici raccontano che i primi 55 esemplari videro la luce negli ultimi giorni del 1945 e che nel 1955 fu prodotto il milionesimo modello. Ancor più da brivido sono i numeri se si arriva fino al 2003, anno che segnò la definitiva discesa dalla catena di montaggio, sicuramente sgommando, dell’ultima unità: più di 21 milioni di esemplari in 58 anni di produzione. Una media strepitosa.

Stiamo parlando di un’automobile, ma non certo di una qualsiasi.

Stiamo parlando, infatti, della regina indiscussa delle automobili: il Maggiolino Volkswagen, forse l’unica autovettura che ha travalicato il confine della storia, è entrata come simbolo nell’immaginario collettivo ed è diventata leggenda.

E di fronte all’immortalità conquistata, settant’anni non sono niente.

Ancor oggi molti farebbero di tutto per averne una, ma, visto che ormai è fuori produzione e si trovano più solo modelli di Maggiolino d’epoca, non è così semplice. I non molti modelli in vendita, infatti, non hanno certo prezzi da auto “vecchia”.

Nacque per idea di Adolf Hitler che, ben prima che quel dicembre del 1945 festeggiasse i natali dei primi esemplari, aveva avuto l’idea di produrre un’automobile destinata alla massa, che facesse più di 100 km/h, consumasse 7 litri di benzina per percorrere 100 km e non costasse più di 1000 marchi.

Il primo modello, che restò unico, fu presentato al Salone di Berlino nel 1939, ma dovette rimandare la conclamazione della gloria per la quale era stato progettato, perché lo scoppio della II Guerra Mondiale fece sì che le catene di montaggio della Volkswagen venissero impegnate per produrre armi e carrarmati.

Tutto rimandato, quindi.

Al termine del conflitto mondiale si riaprirono le porte della fabbrica di Wolfsburg, anche se le prospettive non sembravano più così rosee come 6 anni prima perché la guerra aveva lasciato una Germania in macerie e devastata, sconfitta, piegata e spartita, come fosse una torta, tra la quattro nazioni vincenti.

Lo stabilimento della Volkswagen ricadde in mano inglese e fu proprio un ufficiale di Sua Maestà, Ivan Hirst, appassionato di automobili, a decidere la salvezza del marchio, impedendo la chiusura e lo smantellamento della fabbrica ed affidandola, qualche anno dopo, ad Heinz Nordhoff, imprenditore tedesco che ne segnò la rinascita e dette l’inizio a quella che sarebbe diventata un’autentica scalata nei cuori della gente.

19.000 modelli nel ’48 e 46.000 nel ’49.

Da quel momento in poi cominciò la strada tutta in discesa: il successo ri rivelò essere dietro l’angolo in impaziente attesa ed il Volkswagen Beetle divenne il simbolo della rinascita dell’industria tedesca e, soprattutto, fenomeno internazionale che fece, e ancora fa, impazzire il mondo.

Come ci è riuscito?

Partiamo dal nome, in cui già si ritrovano i primi ingredienti vincenti: Käfer, nella dura lingua madre. Scarafaggio o coleottero in italiano, sapientemente trasformato in Maggiolino. E già fa più simpatia.

E poi il via a tutte le traduzioni. Coccinelle, a sottolineare la raffinatezza della Francia, Escarabajo, letterale ma più musicale per la Spagna, Beetle o Bug, molto British per i paesi anglofoni.

Dovunque e comunque venga chiamato è mania e passione.

Linee tondeggianti, occhi grandi, rotondi, ammiccanti, paraurti posteriori sinuosi, morbidi, che, forse, a chiamarli solo “paraurti” non si rende merito alla squisita linea sensuale di questa grande automobile.

Il Maggiolino Volkswagen travalica le Alpi e comincia a mietere fan ed appassionati ovunque. Tutti lo amano, indifferenziatamente ed indiscriminatamente: uomini, bambini, nonni, sacre famiglie, piloti solitari. Addirittura anche le donne s’innamorano.

Il successo diventa inarrestabile: vengono prodotti centinaia di migliaia di modelli ogni anno e arrivano il Maggiolino Cabriolet ed il Maggiolone, le uniche versioni “nuove” che vengono introdotte, poi, per il resto, la linea della vettura resta immutata e scolpita nei decenni.

Molto probabilmente è la macchina più simpatica che sia mai stata fatta. Ha una forma unica, generosa, esplosiva, un motore raffreddato ad aria che miagola sotto il cofano e non si arrende mai e la personalità dirompente di chi nasce star quasi senza volerlo. E non ti sai spiegare come fa.

Diventa un’icona, un simbolo che rappresenta la personalità di chi la guida: individualista, libero pensatore, eterno Peter Pan che al volante della Volkswagen Beetle interpreta il viaggio dall’inizio alla fine. Non si limita a guidare.

E, come ieri, anche oggi è così. Chi possiede un Maggiolino d’epoca ha anche una passione, un compagno d’avventura custode di segreti e peccati di gioventù, un “qualcuno” di cui prendersi cura che gli ricorda quello che è stato o quello che avrebbe voluto essere.

Nel 1969 arrivò la definitiva consacrazione a mito indiscusso ed indiscutibile con Herbie, il Maggiolino tutto matto della Walt Disney che, con il suo numero 53 appiccicato sul cofano tondo ed il carattere da macchina sportiva che non si arrende, conquista grandi e piccini, con il cuore che gli pulsa sotto il cofano e un’anima che incanta.

E conquista. Inesorabilmente.

Giulio Orzieri

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